Questo deve essere l’obiettivo di una vera strategia di alleanza tra medici e cittadini. Per tale ragione da è necessario che anche l’ Ordine apra spazi di confronto e di dibattito con la cittadinanza in un’ottica di crescita comune ed anche- ovviamente- di critica costruttiva. Ma sempre tenendo fermo l’equilibrio di una relazione di cura che non può concedere nulla alla logica rivendicativa ma al contrario deve accogliere la dinamica della reciprocità. In questo senso parlare di comunicazione significa aprire su una dimensione veramente comune: il medico che si espone nella cura e il paziente che la riceve, la valuta e ne restituisce una percezione concreta. Questo interessa, cioè capire la percezione dei nostri pazienti rispetto a ciò che viene erogato; il grado di comprensione di ciò che viene comunicato. Ed è in questo senso allora che diventa cruciale la collaborazione con i media: bisogna lavorare per rinforzare un’alleanza culturale tra medici e giornalisti a tutela della salute dei cittadini e della verità scientifica basata sull’evidenza. Se in questi anni sono cambiati i canali di informazione e le piattaforme di comunicazione che hanno sbalzato i professionisti in una dimensione virtuale e quindi sempre più sfumata e suggestiva, chi ha in carico la gestione della salute e della cura non può fermarsi, non può rimanere indietro. Quale sarà il medico del futuro? Se non è possibile rispondere a questa domanda è possibile però conoscere meglio l’apparato di strumenti e di risorse che oggi la tecnologia e i nuovi media mettono in campo. Da un lato per ripensare l’alleanza con i cittadini alla luce dei cambiamenti culturali reali e dall’altra per difendere una professione che troppo spesso viene mal rappresentata, fraintesa e distorta. Non solo. Lavorare insieme a tutti gli attori della comunicazione è anche un percorso di approssimazione a quella verità clinica, storica e mediatica che rinforza la credibilità delle professioni, medica e giornalistica. Accreditare una notizia non può che essere un lavoro di reciproca consultazione e confronto per restituire fiducia nei messaggi di cura e di salute. Spesso una parola detta si dimentica, un parola fraintesa genera certamente dubbio e apprensione. Ma un atto medico, cioè un gesto dell’essere medico, rimane forte nella percezione dei nostri pazienti. Dobbiamo riappropriarci dell’essere medici prima di dedicarci alla logica del fare. E solo la dimensione vissuta della relazione di cura -nella sua complessità- può aiutarci a ritrovare e rinforzare la nostra preziosa identità di medici.