Una Sicilia senza dialisi. Presentato a Palermo il progetto dei nefrologi

Una Sicilia senza dialisi. Presentato a Palermo il progetto dei nefrologi

19 Gennaio 2017 di: Nuccio Sciacca 0

Il presidente dell’Ordine dei Medici di Catania, Massimo Buscema è intervenuto per richiamare l’attenzione sulla prevenzione della malattia renale cronica. Partecipando alla tavola rotonda “Vorremmo una Sicilia senza dialisi” che si è svolta nella Sala Piersanti Mattarella di Palazzo dei Normanni a Palermo, alla presenza dell’assessore regionale alla Salute, Baldo Gucciardi e del presidente della Società italiana di Nefrologia Loreto Gesualdo, Buscema ha ribadito l’impegno dei medici del territorio e ospedalieri a puntare sulla informazione. L’evento era promosso dalla sezione Sicilia-Campania della Società italiana di Nefrologia, con il coordinamento del presidente incoming della sezione regionale, Antonio Granata, e il consigliere della Sin, Santina Castellino. Ha aperto i lavori il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone. Di seguito il testo del documento di intenti firmato a fine giornata. Quasi 5 milioni di italiani hanno una malattia renale cronica, che molti di loro non sanno di avere.  La malattia renale cronica può determinare la perdita completa della funzione renale con la necessità di sostituirla con la dialisi o il trapianto per vivere. Questo capita ogni anno a circa 8000 persone, che si aggiungo alle oltre 45 mila che sono già in dialisi. Diabete, ipertensione e malattie cardiovascolari sono tra i fattori che maggiormente contribuiscono al deterioramento della funzione renale, a cui vanno aggiunte malattie renali autoimmuni, malattie ereditarie, infezioni dell’apparato urinario. L’invecchiamento della popolazione e l’applicazione di terapie innovative soprattutto in campo cardiovascolare pur prolungando la sopravvivenza, ha contribuito anche a portare sulla soglia della fase terminale dell’insufficienza renale persone che in passato morivano prima. La ridotta funzionalità del rene ha conseguenze molto importanti. Oltre a determinare la dipendenza da cure molto costose come la dialisi e il trapianto, determina di per sè un fattore di rischio cardiovascolare tra i più rilevanti. La mortalità per infarto miocardico, scompenso cardiaco, ictus cerebrale è significativamente aumentata nei pazienti che hanno insufficienza renale, ed è tanto maggiore quanto più è severo il danno renale. E’ stato calcolato che la mortalità determinata dalla presenza di una insufficienza renale sia addirittura superiore a quella dei tumori di prostata e mammella messi insieme. Eppure i nefrologi hanno la sensazione che il pericolo posto dalla malattia renale cronica non sia adeguatamente percepito dai cittadini e dalle autorità sanitarie, certo non quanto lo siano altre patologie croniche, e dunque lanciano un allarme. Allarme che è giustificato oltre che dalla preoccupazione per la salute dei cittadini, che è ovviamente la priorità assoluta, anche dal costo per la terapia sostitutiva della funzione renale. Sebbene i pazienti in dialisi siano solo lo 0,08% della popolazione italiana, ciascuno consuma fino al 25 volte il valore della spesa sanitaria procapite. Un recente studio del Censis, Società Italiana di Nefrologia e Centro Nazionale Trapianti, ha documentato che il costo in 3 anni di un trapianto di rene è di circa 95 mila euro, dei quali più della metà sono spesi nel primo semestre (e comprendono quindi la chirurgia e l’assistenza intensiva dei primi mesi), mentre il resto copre le spese per le cure dei due anni e mezzo successivi. Nello stesso periodo di tempo il trattamento dei pazienti non trapiantati costa circa 123 mila euro. È stato inoltre calcolato che la possibilità di ritardare di almeno 5 anni la progressione del danno renale per il 10% dei soggetti dallo stadio III allo stadio IV e di ritardare sempre di 5 anni l’invio dei pazienti in dialisi, permetterebbe al SSN di risparmiare risorse per 2,5 miliardi di euro. I percorsi diagnostico terapeutici assistenziali ( PDTA ) dovranno essere lo strumento per la presa in carico e gestione integrata delle manifestazioni della malattia renale cronica e delle comorbilità con il pieno coinvolgimento di più figure professionali, dal MMG agli specialisti di altre discipline, agli infermieri, alla dietista, allo psicologo, così come previsto dal documento di indirizzo per la MRC e dal Piano Nazionale Cronicità. Decisivo ribadire che una presa in carico precoce del paziente con MRC è in grado di migliorare, in misura davvero significativa, la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie. L’insorgenza della MRC, oltre ad essere legata a specifiche malattie renali che si cronicizzano, è strettamente connessa all’età e a fattori di rischio modificabili quali diabete, ipertensione, malattie cardiache, obesità, fumo e dipende da un corretto trattamento dietetico-farmacologico . Pertanto la risposta più efficace verso una malattia in parte prevedibile, e che può essere adeguatamente prevenuta con opportune misure, consiste nell’intercettare e trattare i fattori di rischio e di progressione dellamalattia stessa . Diventa però fondamentale disporre di un quadro puntuale ed aggiornato del rischio epidemiologico e sviluppare un sistema di monitoraggio della popolazione volto ad individuare i soggetti o le categorie a rischio nonché gli stadi iniziali di malattia. Un registro dedicato alla MRC ha come obiettivo fondamentale la costruzione di un data base che possa fornire informazioni:  di carattere epidemiologico su una patologia cronica, progressiva ad alto costo e sulla prevalenza dei vari stadi di malattia,  sui fattori che incidono sul declino della funzione renale nel tempo,  sugli schemi di terapia più appropriati ed efficaci,  sulle patologie associate e su come queste possano incidere sul declino della funzione renale e sugli outcome,  sui percorsi di cura e valutazione dell’assorbimento di risorse assistenziali. Disporre di queste informazioni consentirebbe inoltre di creare un algoritmo che permetta di valutare la progressione della MRC in relazione ai fattori predisponenti (“CKD progression tool”) da utilizzare sia per migliorare la gestione clinico assistenziale sia per la programmazione sanitaria. La realizzazione di un registro  sulla MRC può prevedere la realizzazione di un unico archivio che comprenda i pazienti in tutti e 5 gli stadi di MRC compresa la fase di terapia sostitutiva (stadi 5d e 5t , dialisi e trapianto, che costituiscono gli stadi evolutivi finali della patologia), e che consenta il monitoraggio temporale degli outcome di processo. Ma quali interventi di prevenzione sono necessari e possibili? Interventi di prevenzione primaria, diretti alla modificazione dei fattori di rischio. Interventi di prevenzione secondaria, con identificazione precoce della patologia, attraverso l’identificazione di quelle condizioni che rappresentano i fattori di rischio intermedi (iperglicemia, ipertensione, dislipidemia, obesità), nella prospettiva dell’attuazione di misure di interveto multifattoriale, che includano modifiche dello stile di vita e interventi terapeutici specifici. Interventi di prevenzione terziaria, per la prevenzione dell’ulteriore progressione della MRC nella popolazione con diagnosi certa, attraverso la strutturazione di PDTA con precisi riferimenti. Questi i firmatari: Baldassarre Gucciardi, Assessore Regionale alla Salute, Loreto Gesualdo, Presidente Società Italiana di Nefrologia, Giuseppe Vanacore, Presidente Ass. Naz. Emodializzati:Antonio Granata,Rappresentante SIN Sicilia

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Nuccio Sciacca

Direttore responsabile


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