Studio Simeu-Cittadinanzattiva: ad Acireale 7 giorni per un ricovero

Studio Simeu-Cittadinanzattiva: ad Acireale 7 giorni per un ricovero

7 Ottobre 2016 Redazione 0

E nel resto dei Pronto soccorso italiani le cose non vanno molto meglio: sovraffollamento, attese, mancanza di spazi per malati terminali, scarso impiego della terapia del dolore, carenza di informazioni delineano il pessimo ‘stato di salute’ delle strutture, confermato dall’ultimo tragico caso di cronaca relativo al decesso di un uomo malato terminale di tumore dopo un’attesa di oltre 50 ore al Pronto soccorso dell’Ospedale San Camillo a Roma. Caso sul quale il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha annunciato un’indagine ispettiva. Eppure, a sorpresa, oltre un italiano su due si dice comunque soddisfatto dell’assistenza che i Pronto soccorso, sia pure al collasso, garantiscono comunque h24. La fotografia è quella scattata dal monitoraggio ‘Lo stato di salute dei Pronto soccorsi italiani’, presentato dal Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva e la Società italiana della medicina di emergenza-urgenza (Simeu) (clicca qui per scaricare il documento completo). L’indagine – svolta tra il 16 maggio ed il 30 novembre 2015 – analizza la situazione di 93 strutture e dà voce a 2944 tra pazienti e familiari intervistati attraverso un questionario. Tante e gravi le criticità emerse, a partire dalle attese per il ricovero: oltre 2 giorni si registrano nel 38% dei Dipartimenti di emergenza urgenza (Dea) II livello e nel 20% nei Pronto Soccorso (l’attesa è fino a 48 ore nel 40% dei Pronto soccorso). Fino a 4 giorni di attesa si sono registrati al Policlinico Tor Vergata di Roma, mentre esempio di eccellenza è l’Ospedale di Dolo (Venezia) dove l’attesa per il ricovero è di sole 2 ore. Ed ancora: non viene rispettata la privacy di 1 paziente su 3, solo in 6 strutture su 10 si presta attenzione al dolore dei pazienti e gli spazi dedicati al malato in fase terminale esistono in poco più di 1 Pronto soccorso su 10 (13%). Altro problema resta la disomogeneità sul territorio: la situazione appare infatti ”ancora oggi molto diversa fra strutture del Nord, del Centro e del Sud, soprattutto come conseguenza di un’organizzazione dei servizi di emergenza non ancora standardizzata sul territorio nazionale”. Nel 50% dei Pronto soccorso manca addirittura il sapone nei bagni e nel 40% la carta igienica. Tra le richieste dei pazienti, maggiori informazioni, ma anche cibo ed acqua per le lunghe attese ed una maggiore vicinanza dei familiari. Una situazione grave di fronte alla quale, afferma il coordinatore di Cittadinanzattiva Tonino Aceti, ”c’è bisogno di una migliore e più trasparente gestione dei posti letto per evitare affollamenti, sovraccarico del personale e garantire la dignità delle persone. E’ grave infatti che solo il 45% dei Dea abbia conoscenza in tempo reale dei posti letto disponibili nei reparti di tutta la struttura”. Ma a far precipitare la situazione è pure l’ormai ”consolidata carenza di personale”, come denuncia la presidente Simeu Maria Pia Ruggieri: ”I medici nei Pronto soccorso sono circa 12mila, troppo pochi, tanto che la scorsa Estate varie strutture hanno dovuto chiudere”. Da qui le proposte: Tdm e Simeu hanno promosso una Carta dei Diritti al Pronto Soccorso, che definisce in 8 punti i diritti irrinunciabili dei cittadini e operatori sanitari, e sul tavolo c’è pure il Piano per la gestione del sovraffollamento definito dalla Società scientifica, ma adottato ancora da pochi ospedali. L’Italia delle ‘due velocità’ si vede anche al Pronto soccorso, con situazioni che registrano enormi differenze tra Nord e Sud. Due gli esempi eclatanti: quello dell’Ospedale Santa Marta e Santa Venere di Acireale (Catania) dove l’attesa per il ricovero in reparto ha raggiunto il record di 7 giorni e quello dell’Ospedale di Dolo (Venezia) dove, invece, l’attesa in Pronto soccorso prima del ricovero è in media di sole due ore. Due situazioni ‘limite’ segnalate nel monitoraggio ‘Lo stato di salute dei Pronto soccorso italiani’ curato da da Cittadinanzattiva e Società italiana di medicina di emergenza-urgenza (Simeu). Una delle situazioni ”più critiche per affollamento e posti letto – spiega Sabrina Nardi, vice coordinatore del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva – è risultata appunto quella dell’ospedale di Acireale, con condizioni estreme che facevano registrare 21 persone in attesa in barella o in sistemazioni di fortuna”. Altro esempio del ‘collasso’ dei Pronto soccorso è la situazione registrata al Policlinico Tor Vergata, con oltre 30 posti letto improvvisati in Pronto soccorso, altri 42 pazienti nell’area di Osservazione breve ed attese per il ricovero fino a 4 giorni. Esempio di eccellenza invece l’Ospedale di Dolo. Proprio il sovraffollamento e la mancanza di posti letto per il ricovero è dunque uno dei maggiori ‘mali’ dei Pronto soccorso italiani. Ma per contrastare tale emergenza, la Simeu ha elaborato nel 2014 un ‘Piano di gestione del sovraffollamento’: ”Si prevede l’azione del ‘bed management’ – spiega la presidente Simeu Maria Pia Ruggieri – con l’obiettivo di controllare e ottimizzare la gestione dei posti letto, una funzione che però purtroppo ancora stenta ad affermarsi negli ospedali. Altra misura che proponiamo è l’istituzione negli ospedali di un sistema online h24 per la visione in tempo reale dei posti letto disponibili, oltre alla creazione di ‘Discharge room’ ovvero di sale dove i pazienti in attesa di dimissioni possono sostare, liberando così posti letto in tempi più brevi”. Misure ”a basso o a zero costi – sottolinea – che non risolvono certamente i problemi strutturali ma consentirebbero di risolvere a breve molte emergenze legate alla mancanza di spazi. Purtroppo il Piano è attivo però ad oggi solo in pochi ospedali”. E per migliorare la realtà delle strutture di emergenza, Tdm e Simeu hanno anche promosso una ‘Carta dei Diritti al Pronto Soccorso’, che definisce in otto punti i diritti irrinunciabili di cittadini, pazienti e operatori, e su cui è necessario intervenire con urgenza: diritto alla presa in carico; diritto alla dignità personale; diritto alla continuità dei percorsi di cura; diritto alla prevenzione delle emergenze evitabili; diritto all’informazione; diritto alla competenza; diritto alle sei ore massime di attesa prima del ricovero; diritto all’attuazione della Carta. Lanciata come progetto pilota in Piemonte nel 2015, la Carta viene estesa ora a tutto il territorio nazionale.

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