Professioni sanitarie non mediche e nuova rete ospedaliera: quali prospettive per gli psicologi?
In un periodo difficile per i medici siciliani che vivono una condizione occupazionale e professionale particolarmente critica, caratterizzata da precariato, graduatorie bloccate e concorsi che tardano ad essere indetti, anche i professionisti dell’area sanitaria-non medica si trovano a dover fare i conti con prospettive di carriera poco rosee, per non dire inesistenti, nell’ambito della sanità pubblica e ospedaliera.
Un caso emblematico, a questo riguardo, è quello degli psicologi. Il DDL Lorenzin sul riordino delle professioni sanitarie ha ufficialmente inserito la figura dello psicologo tra le professioni sanitarie. Si tratta di un riconoscimento importante per una professione che, nonostante la sua crescente importanza, fatica ancora a trovare una collocazione stabile, soprattutto in ambito sanitario e ospedaliero.
La riorganizzazione della rete ospedaliera nella nostra Regione non sembra aver aperto nuove prospettive su questo importante tema. Come evidenziato da Paolo Bozzaro, past Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Regione Sicilia, “parlare di intervento psicologico nell’ospedale significa entrare nello specifico dell’organizzazione degli ospedali: rileggere con un’attenzione e una sensibilità diverse le prassi cliniche e assistenziali che ivi vengono quotidianamente proposte e attuate; valutare i processi di comunicazione e di relazione che si intrecciano tra sanitari e pazienti alla luce di un concetto di compliance che va oltre la passiva adesione all’intervento o alla cura proposti; recuperare la centralità della persona malata, portando rispetto e ascolto al modo personale con cui ognuno incontra e attraversa la malattia, la sofferenza e le paure ad esse connesse; riflettere sulla categoria dell’appropriatezza dei ricoveri e degli interventi sanitari non solo in termini di DRG o di LEA, ma anche di qualità totale, di continuità della linea assistenziale tra i vari segmenti della rete sanitaria e anche di custom satisfaction”[1].
Lo psicologo ospedaliero non ha solo l’importante funzione di sostenere i pazienti ricoverati, per periodi più o meno lunghi, nella struttura ospedaliera ma anche quella di sostenere gli operatori, sempre più esposti al rischio di stress e burnout, nonché quella di migliorare la comunicazione tra operatori, pazienti e familiari di questi ultimi. L’obiettivo è quello di incrementare la qualità globale del processo di cura, assistenza e riabilitazione, creando un ambiente in grado di contenere l’espressione dei vissuti e delle angosce delle persone che, a vario titolo, gravitano nell’orbita della struttura ospedaliera. Su un totale di 5.638 psicologi del SSN, gli psicologi che lavorano in ospedale sono solo 942 (pari a circa il 16,7%). In Sicilia, i dati sono ancora più sconfortanti: su un totale di 490 psicologi del SSN, infatti, solo 26 lavorano stabilmente in strutture ospedaliere (pari a circa il 5,3%) mentre i rimanenti afferiscono ai servizi territoriali. A fronte di una domanda sempre più crescente di psicologi anche in ambito ospedaliero, i bandi di concorso nel settore sono bloccati e il numero di psicologi che afferiscono al SSN appare insufficiente a rispondere alle richieste di cure e assistenza psicologiche della popolazione. Auspichiamo dunque, alla luce di quanto detto, che nella riorganizzazione della rete ospedaliera in Sicilia si tenga conto anche di tale importante questione.
Dott.ssa Valentina La Rosa
Psicologa
[1] Bozzaro P. (2003). La Psicologia Ospedaliera in Italia, dagli Atti del Convegno “La Psicologia Ospedaliera, esperienza clinica nella Regione Veneto”, Venezia, 31 Ottobre 2003.