Passi avanti nella cura delle Neoplasie gastrointestinali

Passi avanti nella cura delle Neoplasie gastrointestinali

15 Ottobre 2017 Redazione 0

Le neoplasie gastrointestinali rappresentano una tra le forme più comuni di cancro, soprattutto nei paesi occidentali. Fortunatamente però, i progressi medici rappresentano un’arma importantissima per gli sviluppi futuri, volti a contrastare la malattia in tutte le sue fasi. La diagnosi precoce, un preciso quadro di imaging, le nuove terapie farmacologiche e la chirurgia sono fondamentali per affrontare le neoplasie nel modo più completo e dunque migliore per ogni paziente. Questi gli argomenti trattati al convegno organizzato da Humanitas Centro Catanese di Oncologia, presieduto dal dott. Maurizio Chiarenza, oncologo; dalla dott.ssa Salumeh Goudarzi, radiologa; e dal dott. Sebastiano Mongiovì chirurgo.

I TUMORI INTRADUTTALI DEL PANCREAS E LE NEOPLASIE BILIARI

Le neoplasie intraduttali papillari mucinose (IPMN) del pancreas sono state descritte per la prima volta nel 1982. Interessano prevalentemente pazienti intorno ai 60-70 anni, senza differenze significative tra i sessi. Sono caratterizzate dalla proliferazione di cellule mucinose all’interno dei dotti pancreatici dove determinano dilatazioni di tipo cistico ripiene di mucina; sebbene rare e spesso asintomatiche, se ne riscontra un’espansione epidemiologica negli ultimi anni. “Il loro inquadramento diagnostico tramite imaging – spiega la Dr.ssa Salumeh Goudarzi, radiologa –  è fondamentale come anche le valutazioni del radiologo e del chirurgo, per definire il giusto approccio di follow-up ed eventualmente quello terapeutico-chirurgico.

E’ necessario, quindi, un approccio sinergico da parte di un team costituito da radiologi, endoscopisti e chirurghi. L’identificazione di un carcinoma intraduttale ed il suo adeguato trattamento possono, infatti, evitare lo sviluppo nel paziente di una neoplasia infiltrante metastatica con tutte le conseguenze che ne derivano.

Anche le neoplasie biliari sono rare e di difficile gestione. La diagnosi precoce, un preciso quadro di imaging e la chirurgia sono di grande importanza, in quanto i trattamenti farmacologici si basano ancora oggi su chemioterapie convenzionali con limitata responsività ai trattamenti.

La prevenzione e la diagnosi precoce rappresentano sempre gli alleati migliori per evitare qualsiasi forma di malattia.

Tra gli strumenti di prevenzione, oltre ad un corretto stile di vita privo di fumo e comprensivo di regolare attività fisica, assume un ruolo significativo l’alimentazione: essa deve basarsi su pochi grassi, ridotte dosi di carne e, viceversa, molte fibre, vegetali e frutta.

IL CARCINOMA PANCREATICO

E’ noto da sempre per la sua prognosi spesso infausta e per la sua complessità nell’approccio chirurgico; da qui, la necessità di affidarsi ad un team di operatori di grande esperienza in grado di intervenire in modo efficace limitando le complicanze postoperatorie, altrimenti molto diffuse.

La chirurgia, qualora radicale, rappresenta il trattamento associato alla migliore sopravvivenza in quanto trattamenti antiblastici e radioterapia svolgono un controllo parziale della malattia con conseguenti margini di successo limitati. L’avvento di nuove combinazioni tra vecchi farmaci e quelli di ultima immissione nel mercato, come il regime abraxane gemacitabina, hanno comportato decisivi vantaggi nel trattamento della malattia metastatica o localmente avanzata e non resecabile. Un aspetto ancora dibattuto e di non univoca interpretazione resta la terapia neoadiuvante o preoperatoria dei tumori a resecabilità borderline: tale trattamento, pur avvalendosi di schemi terapeutici di grande efficacia come le triplette, resta ancora di non chiaro impatto in termini di sopravvivenza.

 

METASTASI EPATICHE DA CARCINOMA DEL COLON

Poiché il fegato è la sede principale delle localizzazioni secondarie nel carcinoma del colon, i significativi sforzi terapeutici di ultima generazione sono protesi a permettere una chirurgia epatica radicale che potrà offrire considerevoli margini di guarigione.

L’approccio multidisciplinare mira ad ottenere, nel maggior numero di pazienti, una resezione senza malattia residua, utilizzando trattamento medici di conversione anche nei casi non resecabili o borderline alla diagnosi. Nei casi non operabili radicalmente anche dopo terapia medica di conversione, i trattamenti locoregionali, quali termoablazioni o radioterapie stereotassiche, possono intervenire nel controllo della malattia.

Le terapie cosiddette ‘intelligenti’, che utilizzano cioè farmaci biologici, stanno ricoprendo un ruolo sempre più importante permettendo di consegnare al chirurgo pazienti inizialmente non operabili: “L’obiettivo principale – spiega il dott. Maurizio Chiarenza, oncologo di Humanitas Centro Catanese di Oncologia – è riuscire a colpire la neoplasia in modo più specifico senza aumentare in modo significativo gli effetti collaterali legati ai trattamenti chemioterapici di base. Lo scopo fondamentale è, quindi, ottenere risposte sempre maggiori migliorando la qualità di vita dei pazienti”.

Il percorso più efficace è dato dall’integrazione tra il trattamento chemioterapico e i farmaci biologici, che stanno conoscendo continui sviluppi: “Negli ultimi anni – espone il dott. Chiarenza – sono stati pubblicati i risultati di alcuni studi multicentrici su nuovi farmaci che sembrano dare vantaggi maggiori in termini di risposta e sopravvivenza, con un’incidenza sull’aumento della quota di operabilità dei pazienti metastatici”.

“E’ oggi possibile – spiega il dott. Sebastiano Mongiovì, chirurgo oncologo di Humanitas Centro Catanese di Oncologia – intervenire chirurgicamente con resezioni sempre più limitate, mantenendo ovviamente tutti i criteri resettivi necessari, così da poter operare in caso di ricaduta, una seconda volta, ipotesi che si verifica nel 30% dei casi circa”. La chirurgia cosiddetta “segmentaria” risulta, pertanto, di grande aiuto perché permette di risparmiare maggiori porzioni di organo: “Se le lesioni – spiega il Dr. Mongiovì –  riguardano solo un segmento, possiamo intervenire solo sulla parte interessata, escludendo così asportazioni maggiori che potrebbero avere effetti indesiderati sul paziente. La particolarità tecnica risiede nel clampaggio selettivo, attraverso cui si interrompe l’afflusso sanguigno limitatamente al segmento interessato dalla resezione, mentre il resto dell’organo rimane perfuso per tutta la durata dell’intervento”.

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