Angelo Milazzo
Presidente Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps),
Email: milazzo@cataniamedica.it
Organo Ufficiale di Informazione e Formazione dell'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Catania
La Mononucleosi
La mononucleosi è una malattia infettiva virale, molto contagiosa, causata dal virus di Epstein-Barr (EBV). In atto stiamo assistendo ad una vera e propria epidemia. Il virus presenta delle analogie con il Sars-Cov-2. Le cellule bersaglio del virus sono i linfociti B. Il decorso è solitamente acuto, massimo di 4-6 settimane. La denominazione della malattia è dovuta alla caratteristica presenza nel sangue di cellule mononucleate (linfociti e monociti) in livelli superiori alla norma e di cellule mononucleate atipiche, ma specifiche di questa malattia. Altri virus possono causare sintomatologie e decorsi simili. In questi casi si può parlare di sindromi mononucleosiche.
L’EBV è un virus a DNA appartenente alla famiglia degli Herpesviridae. Infetta le cellule dei tessuti epiteliali orofaringei, provocando flogosi delle vie aeree superiori. Infetta anche i linfociti B. Il contagio può avvenire mediante la saliva (da cui la denominazione di malattia del bacio) o indirettamente, tramite oggetti. Oltre il 90% della popolazione adulta risulta essere sieropositivo per il virus. I picchi sono nella prima infanzia nei Paesi in via di sviluppo e nell’età adolescenziale nei Paesi più avanzati. Il decorso è spesso asintomatico o sovrapponibile a quello di una faringite o di una sindrome influenzale. Nell’età adulta è particolarmente frequente un decorso lieve, con febbre, malessere, astenia. Il virus rimane latente anche dopo la guarigione. L’eliminazione può continuare con la saliva per circa un anno.
Patogenicità e latenza
Il virus è riscontrabile nelle prime vie aeree del 15-20% della popolazione sana. All’EBV sono associati alcuni tumori, come il cancro del rinofaringe, la variante africana del linfoma di Burkitt, alcuni linfomi non Hodgkin a cellule B, e il linfoma di Hodgkin. Alcuni studi hanno evidenziato come nei soggetti affetti da malattie autoimmuni, quali sclerosi multipla, rettocolite ulcerosa, lupus eritematoso sistemico, la presenza dell’EBV stimola la formazione di autoanticorpi, che potrebbero contribuire al mantenimento dello stato infiammatorio. Il virus dai tessuti dell’orofaringe si propaga nei linfonodi soprattutto cervicali, sede di contatto con i linfociti B. Da qui, in seguito a intensa replicazione virale, i virus vengono dismessi nel sangue, liberi o associati ai linfociti B, con un pattern di anticorpi tipici, tra cui patognomonici alcuni anticorpi eterofili. Terminata la fase acuta, il DNA di EBV è ancora riscontrabile nelle cellule epiteliali dell’orofaringe e nelle memory cell linfonodali. Di particolare importanza è la reazione cellulo-mediata nei confronti delle cellule B infettate e guidata dai linfociti T. Le cellule reattive tendono ad assumere una particolare morfologia e vengono definiti virociti. Forme di patologia simili possono essere causate da altri Herpesvirus, in particolare CMV e HHV-6. Ma sindromi mononucleosiche sono state anche correlate a: Adenovirus, HIV, HAV, Rubivirus.
Profilo clinico
Sintomi e segni aspecifici come febbre, malessere, astenia, cefalea insorgono in circa il 90% dei casi dai 30 ai 60 giorni dopo l’esposizione nei giovani adulti e in 10-15 giorni nei bambini. La febbre, talora elevata nei giovani, è sovente il sintomo di esordio. L’infezione provoca spesso una faringotonsillite, con aspetti vari di intensità. La linfoadenopatia, quasi sempre presente, è riscontrabile a livello cervicale, ma può interessare tutte le stazioni linfonodali. La splenomegalia è dimostrabile in almeno il 50% dei casi, e può associarsi variabilmente ad epatomegalia. Un esantema o un rash si presenta nel 10% dei casi. L’insorgenza di esantema viene favorita dall’uso di penicilline semi-sintetiche, soprattutto di amoxicillina. La sovrainfezione batterica a livello faringotonsillare è relativamente frequente e può suggerire l’utilizzo di macrolidi. Gravi complicanze insorgono in circa il 5% dei casi di mononucleosi infettiva. Tra queste possiamo ricordare: rottura della milza, anemia emolitica, piastrinopenia, meningite a liquor limpido, sindrome di Guillan-Barrè. In alcuni individui l’infezione non è controllata e l’EBV continua a replicarsi provocando un’infezione cronica attiva, di cui si conoscono anche forme gravi e severe. Questa sindrome ha avuto diverse definizioni, anche perché si sovrappone con altre non ben definite, come la sindrome da stanchezza cronica. Si vanno accumulando gli studi che depongono per considerare la malattia un fattore di rischio per la sclerosi multipla.
Il contesto anamnestico e clinico è spesso sufficiente per la diagnosi. Lo striscio periferico dimostra la tipica linfo-monocitosi. La sierologia dimostra la presenza di anticorpi anti- VCA, particolarmente importanti, ma anche di anticorpi: anti- EA e anti EBNA. Bilirubina, fosfatasi alcalina e transaminasi possono essere elevate. Non esistono terapie specifiche. Per alleviare i sintomi si possono usare i FANS. I corticosteroidi possono essere usati con accortezza se la sintomatologia è particolarmente intensa. Se necessita l’uso di antibiotici, bisognerebbe preferire i macrolidi.
Presidente Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps),
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