È il titolo del workshop organizzato da Motore Sanità a Palermo nella sede dell’Ordine dei medici. Il sesto di una serie di incontri che si si stanno tenendo nelle principali città italiane per capire come sostenere l’innovazione farmaceutica alla luce della difficile sfida della sostenibilità economica. I percorsi da seguire per affrontare le sfide alla quali il mondo dell’oncologia deve rispondere non sono stati, infatti, delineati in tutte le Regioni come dimostrano i risultati preliminari di un progetto della Scuola Superiore Sant’Anna e presentati da Bruna Vinci. La ricerca ha mappato i diversi modelli di governance dell’innovazione farmaceutica in 10 Regioni italiane con l’obiettivo di rilevare le best practice e i modelli digovernance virtuosi idonei a favorire la diffusione e garantire sostenibilità, equità e qualità nell’accesso ai nuovi farmaci oncologici ad alto costo. Lo scenario emerso è ad alta variabilità con differenze anche importanti tra le varie Regioni. Solo il 50% delle Regioni sotto la lente è supportata dalle reti oncologiche, il restante si affida nelle scelte da una rete professionale senza un mandato preciso o ad una rete auto-organizzata. Risanate le casse regionali, la Sicilia, secondo i dati del monitoraggio della Ragioneria dello Stato sulla spesa sanitaria nazionale ha un bilancio in attivo di 9,9 mln di euro, sta ora rimodulando la sua rete ospedaliera e sono ancora in corso lavori per mettere a regime quella oncologica. Secondo Salvatore Amato, Presidente OMCeO Provinciale di Palermo, “quando si parla di innovazione farmacologica, bisogna distinguere tra ciò che è nuovo e ciò che è realmente innovativo valutando i reali benefici in termini di sopravvivenza e qualità della vita. Bisogna implementare il registro dei tumori – ha aggiunto – perché grazie alla conoscenza si può fare un programmazione futura e conoscere le differenze regionali. Così come occorre trovare un giusto equilibrio tra pubblico e privato reinvestendo l’utile nella ricerca e nell’innovazione”. Rimane il fatto che in Sicilia la rete oncologica non è ancora a regime. Nonostante la Regione abbia fatto molto, come ha ricordato Vincenzo Adamo, Direttore Oncologia Medica AO Papardo Messina e Coordinatore Regionale Aiom, manca ancora una volontà politica regionale a gestirla.
“In Sicilia ci sono 5 milioni di abitanti, e 26 strutture di oncologia medica – ha detto – e per quanto riguarda l’assistenza globale, il Sud e le Isole coprono rispettivamente il 63% delle attività di psico-oncologia, il 35% degli Hospice e il 54% dell’assistenza domiciliare. Dobbiamo anche migliorare la ricerca: realizziamo il 50% di quella del Nord e un 10% in meno rispetto al Centro”. E, ha poi rimarcato, la Sicilia nell’utilizzo dei farmaci oncologici non è ancora in linea con l’ambito nazionale. Per Renato Li Donni, Direttore Generale Aou Policlinico Giaccone Palermo, in un’ottica di programmazione regionale, bisognerà prestare attenzione alle differenti esigenze territoriali guardando le peculiarità che distinguono un’azienda dall’altra. Anche la “selezione” del paziente è fondamentale per poter curare in maniera efficace guardando anche alla sostenibilità. E su questo fronte, ha sottolineato Li Donni, i laboratori di genetica sono determinanti perché “grazie alla possibilità di effettuare test diagnostici di selezione biomolecolare consentono di avvicinarsi alla medicina di precisione, chiave di volta dell’innovazione oncologica”. Un’indicazioni sulla quale tutti tutti gli esperti hanno convenuto. Punta sul registro tumori come strumento per supportare interventi di razionalizzazione e programmazione nell’ambito della rete oncologica, e anche sui Pdta e misurazione degli out-come strumenti per gestire con appropriatezza le cure,Salvatore Scondotto, Dirigente Responsabile Osservatorio Epidemiologico Regione Siciliana. “Il tumore alla mammella – ha rilevato – è il più diffuso in Sicilia con un aumento del 15% dell’incidenza negli ultimi 5 anni, il secondo è quello al polmone con circa 2mila casi l’anno. L’aumento di casi prevalenti avviene proporzionalmente, a fronte di elevati costi. La spesa annuale per l’assistenza oncologica i 750 milioni di euro con una spesa pro capite di 1.600 euro. La crescita dei costi può essere fronteggiata solo se ci si basa su due pilastri: la prevenzione primaria e secondaria, riducendo l’incidenza dei nuovi casi e controllando gli stili di vita attraverso gli screening e l’appropriatezza. E su questo fronte – ha concluso Scondotto – i Pdta potrebbero essere uno strumento valido insieme al monitoraggio degli esiti dell’assistenza”.