Long Covid: recenti acquisizioni

Long Covid: recenti acquisizioni

18 Settembre 2024 di: Angelo Milazzo 0

La nuova variante Xec potrebbe cambiare l’attuale panorama delle varianti Covid e, in diverse regioni del mondo, ha già causato ondate estive particolarmente intense.

Il Long Covid è caratterizzato da sintomi persistenti da almeno 3 mesi. Recenti studi, tra cui uno condotto dalle università dell’Arizona, di Oxford e di Leeds e pubblicato su The Lancet, hanno approfondito le cause e le possibili terapie. Nel mese di Giugno l’Accademia Nazionale di Scienze, Ingegneria e Medicina degli Stati Uniti (NASEM) ha rilasciato una definizione ufficiale di Long Covid, pubblicata su New England Journal of Medicine a fine Luglio 2024. La definizione essenzialmente recita: “ il Long Covid è una condizione cronica che si verifica dopo l’infezione da Sars-Cov-2 ed è presente per almeno 3 mesi come stato di malattia continuo, recidivante e remittente o progressivo che colpisce uno o più sistemi di organi” Questa definizione integra e supera quella elaborata nel 2020 dai CDC statunitensi e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità..

Il NASM fa riferimento a centinaia di sintomi e condizioni, ma menziona esplicitamente i più importanti, come: fiato corto, tosse, astenia persistente, malessere post-sforzo, difficoltà di concentrazione, problemi di memoria, cefalea ricorrente, sensazione di stordimento, tachicardia, disturbi del sonno, problemi di gusto o olfatto, gonfiori, stipsi o diarrea. Possono essere presenti inoltre patologie come: malattie polmonari, renali, cardiovascolari, deterioramento cognitivo, disturbi dell’umore, ansia, emicrania, patologie autoimmuni come lupus, artrite reumatoide, sindrome di Sjogren e altre.

Un grosso studio statunitense appena pubblicato sulla rivista JAMA ci aiuta a comprendere le caratteristiche peculiari delle sequele dell’infezione da Sars-Cov-2 nelle diverse fasce d’età. Lo studio è stato denominato RECOVER Pediatric Observational Cohort Study. L’analisi ha incluso 698 bambini, nella fascia d’età 6-11 anni e 4469 adolescenti (2-17 anni d’età). I sintomi persistenti più frequenti nei bambini sono risultati essere: cefalea (57%), problemi di memoria/concentrazione e sonnolenza  (44%) e gastralgie (43%). Negli adolescenti invece la sequela più comune è risultata essere la stanchezza/sonnolenza diurna (80%), seguita da dolori corporei, muscolari e articolari (60%), mal di testa (55%), e problemi di memoria/concentrazione.

Covid e salute mentale

Un crescente numero di ricerche indica che l’infezione da Covid può avere un impatto negativo sulla salute mentale. Un recente studio condotto nel Regno Unito su oltre 18 milioni di adulti ha dimostrato un aumento dei tassi di malattie mentali, inclusa la depressione e disturbi mentali gravi. Ciò si verifica per un periodo che può arrivare fino a un anno dopo un episodio di Covid, specialmente tra coloro che hanno avuto un’infezione grave e non erano vaccinati. Lo studio, pubblicato su JAMA Psychiatry, ha rilevato che la vaccinazione attenua gli effetti negativi dell’infezione sulla salute mentale.

Una mutazione presente sulla proteina spike del Sars-Cov-2 svolge un ruolo chiave nella sua capacità di infettare il sistema nervoso,                                  provocando i tipici sintomi neurologici, soprattutto nel Long Covid. A dimostrare ciò sono stati anche i risultati di uno studio condotto da ricercatori della Northwestern University dell’ Università dell’Illinois-Chicago, pubblicato sulla rivista Nature Microbiology.

La regione della proteina Spike interessata da determinate modifiche sembra essere un regolatore critico per stabilire se il virus entri o meno nel cervello (Furin cleavage site o Fcs). Questa acquisizione potrebbe portare anche a trattamenti specifici per proteggere il cervello, o per eliminare i virus che sono già penetrati. Restano ancora i dubbi se i danni vengano provocati direttamente dal virus alle cellule cerebrali o se siano conseguenza della reazione immunitaria scatenata. Probabilmente sono spesso coinvolti entrambi i meccanismi.

Un vaccino nasale potrebbe rappresentare la svolta contro le infezioni, riuscendo a fare ciò che i vaccini iniettabili non possono fare: prevenire la trasmissione del virus. Lo hanno dimostrato ricercatori delle Università di Washington e di St. Louis, con uno studio che è stato pubblicato su Science Advances. 

 

Autore

Angelo Milazzo

Presidente Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps),


Email: milazzo@cataniamedica.it

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