Niente giochi all’aria aperta, troppa tecnologia e un’alimentazione spesso carente di calcio e vitamina D. Colpa di uno stile di vita sempre più ‘casalingo’, con poche occasioni per approfittare dei raggi di sole e troppe uscite che portano comunque a luoghi chiusi, preferibilmente con wi-fi disponibile. A fare il quadro è Andrea Giustina, docente di Endocrinologia e Metabolismo all’università Vita e Salute San Raffaele Milano, a margine della ‘First International Conference on Controversies in Vitamin D’, summit dei massimi esperti di vitamina D, che si è svolta a Pisa. Un meeting organizzato in collaborazione con il Glucocorticoid Induced Osteoporosis Skeletal Endocrinology Group (Gioseg). “Oggi – spiega all’AdnKronos Salute Giustina, che è anche membro del Comitato scientifico della Conferenza e presidente Gioseg – le nuove generazioni non hanno più l’abitudine di trascorrere molte ore fuori casa, come accadeva un tempo. Così i benefici del clima favorevole del nostro Paese si vanificano. E si registrano gli effetti negativi legati alla minore produzione di vitamina D, ovvero una minore mineralizzazione delle ossa che, nei ragazzi, è particolarmente importante”. A peggiorare la situazione una dieta non sempre adeguata, in particolare nelle ragazze che temono i cibi grassi. “L’apporto della vitamina D attraverso l’alimentazione – ricorda Giustina – è limitata a circa un 20%, che è comunque importante”. L’alimento che ne contiene di più è l’olio di fegato di merluzzo, oggi praticamente ‘estinto’; seguono i pesci grassi (salmone, pesce azzurro), uova. “Un fattore aggiuntivo di rischio – conclude l’esperto – è una dieta povera di calcio, sempre più diffusa, in particolare tra le ragazze che rinunciano a latte e formaggio perché convinte che facciano