Indagine ANAAO: al Sud un accesso su tre al PS è inappropriato

Indagine ANAAO: al Sud un accesso su tre al PS è inappropriato

24 Marzo 2017 di: Nuccio Sciacca 0

Una fotografia poco incoraggiante dei Pronto Soccorso italiani. La scatta una indagine condotta dall’Anaao Assomed,  curata da Domenico Montemurro e Chiara Rivetti. Il Pronto Soccorso rappresenta l’interfaccia tra ospedale e territorio, il primo servizio dove si rivolgono i cittadini con problemi di salute reputati urgenti. Di fatto, il biglietto da visita dell’ospedale. Tuttavia il messaggio trasmesso dalle immagini di affollamento e sovraffollamento dei PS non è certo quello di affidabilità ed efficienza che si prefigge un biglietto da visita: se dobbiamo giudicare dall’ organizzazione dei PS, non abbiamo l‘impressione di una sanità che funzioni. Le attese per essere visitati e per essere ricoverati, nei PS di tutto il paese, sono la chiara dimostrazione di come i tagli lineari cui è stato sottoposto il Sistema Sanitario Nazionale negli ultimi anni abbiano avuto delle pesanti conseguenze sulla qualità dei servizi ai cittadini. Ma quali sono le Principali cause di sovraffollamento dei PS in Italia? Difficoltà di accesso alle strutture di cura primaria, scarso numero di operatori sanitari dedicati al PS, sovraccarico di pazienti ricoverati in relazione ai posti letto disponibili, capacità attrattiva dell’ospedale perché dotato di diagnostica strumentale, scarso numero di operatori sanitari dedicati ai servizi afferenti al PS ( es. radiologia ), scarsa disponibilità di strutture di lungodegenza per la dimissione dei ricoverati, tempi di attesa troppo lunghi per prestazioni specialistiche ambulatoriali/esami diagnostici, presenza limitata, o assenza, dei principali consulenti (cardiologo, neurologo, ortopedico), chiusura degli ospedali di piccole dimensioni e pazienti dirottati su Dea I o II livello senza un loro potenziamento, limitate dotazioni tecnologiche crescenti bisogni di salute legati all’invecchiamento della popolazione, mancanza di PDTA per le principali patologie causa di accesso al PS. Il pronto soccorso è presente nell’81,6% degli ospedali. Per la precisione sul territorio italiano sono presenti 299 PS, 264 DEA di I livello, 108 DEA di II livello, in cui lavorano un totale di 12.000 medici e 25.000 infermieri. Nel 2013 gli accessi al Pronto Soccorso in tutta Italia sono stati circa 24 milioni: 240.000 i codici rossi (1%), 4.3 milioni i gialli (18%), quasi 16 milioni i codici verdi (66%) e 3.6 milioni i bianchi (15%). Sul totale, una parte è stata dimessa senza necessità di ricovero, dopo aver concluso l’iter diagnostico/terapeutico già in Pronto Soccorso: circa 98% dei bianchi, l’88% dei verdi ed il 64% dei gialli. Se rapportati alla popolazione, si calcolano ben 3,4 accessi in PS ogni 10 abitanti. L’incidenza dei cosiddetti accessi inappropriati è stimata del 24% in media, con differenze geografiche rilevanti: il nord registra un 24%, il centro 18%, mentre al sud e nelle isole la percentuale sale al 31%. In ogni caso questi accessi “inappropriati”, pur in numero rilevante, sono gestiti in tempi brevi e impegnano relativamente poco personale dei PS: meno del 15% delle ore totali. Annualmente, circa 3.528.000 pazienti che si rivolgono al PS vengono ricoverati (quasi il 14.7% del totale). Il cosiddetto overcrowding (sovraffollamento) del PS ha importanti conseguenze sul paziente e sugli operatori che vi lavorano, che vanno dall’ aumentato rischio di errore al burnout del personale. Queste le conseguenze del sovraffollamento del PS: Aumentato rischio di errori sanitari, Pazienti in attesa di posto letto, Deviazione delle ambulanze, Insoddisfazione degli operatori sanitari con conseguente ridotto rendimento lavorativo, Prolungamento dei tempi d’attesa per la visita medica, Ritardo diagnosi e/o trattamento, Mancanza di privacy, Poco tempo e attenzione da dedicare agli studenti e ai medici in formazione, Diminuita fiducia dei cittadini verso i servizi di emergenza, Errori di comunicazione, Aumento dei re-accessi. Se nei periodi di normale afflusso l’attesa per prima visita di un codice verde nei DEA I livello è di 70 minuti e di un codice giallo di 30 minuti, nei periodi di sovraffollamento si può attendere più di 240 minuti per un codice bianco, più di 300 per un codice verde ed oltre 120 per un codice giallo. Per affrontare il sovraffollamento negli ultimi anni sono stati definiti standard per il tempo massimo di permanenza in PS (6 ore) e per il tempo massimo di attesa per l’invio in reparto dopo la decisione sul ricovero (2 ore). Dai dati 2016 del PNE si evince che gli accessi in PS terminati entro 12h dall’ora di arrivo sono oltre il 90%, quelli oltre le 24 ore circa il 3%, con scarsa variabilità regionale. Questi dati sono di fatto poco significativi, perché comprendono tutti i codici e soprattutto non distinguono i pazienti in attesa di ricovero da quelli valutati e successivamente dimessi dal PS. Parlano poi di dati medi, da cui non possiamo desumere le attese nei periodi di maggiore criticità. In uno studio sui PS italiani, la SIMEU invece evidenzia come il limite di 2 ore di permanenza in PS dopo la decisione di ricovero sia ampiamente superato nel 76% dei casi, con situazioni critiche in circa 1/3 degli ospedali. Nei PS dei grandi centri urbani, dove l’overcrowding è più frequente, ben 25000 pazienti hanno atteso il ricovero per un tempo compreso tra le 24 e le 60 ore. Il tempo di degenza in OBI (Osservazione Breve Intensiva) può essere considerato un buon indicatore dell’ attesa di ricovero perché, soprattutto in caso di sovraffollamento, l’ OBI è snaturata dalla sua funzione originaria ed anziché ospitare pazienti in osservazione diventa un vero e proprio “parcheggio “ per chi aspetta un posto letto in reparto. I Dea di I livello sono quelli ad avere OBI più affollate. Quasi la metà dei DEA di II livello, il 44% dei DEA di I livello ed il 33% dei PS hanno letti aggiuntivi oltre a quelli stabiliti. L’attesa di ricovero per i pazienti in OBI è particolarmente alta nei DEA di II livello in cui si aspetta per il ricovero nel 19% dei casi da 24 a 48 ore, nel 38% oltre le 48 ore. Nei periodi di sovraffollamento (epidemie influenzali o nel corso delle ondate di calore) le attese raggiungono i 7 giorni. L’eccesso di domanda sanitaria che si verifica nei periodi di overcrowding in DEA è indubbiamente causa di inappropriatezza di ricovero. Durante i mesi invernali nei reparti di Medicina Interna il numero dei ricoveri è fino al 30% superiore allo standard previsto nel semestre di minor afflusso. Quindi vengono ricoverati da PS pazienti che con minor carico di lavoro si sarebbero potuti gestire e dimettere direttamente a domicilio. Altra conseguenza è certamente la mancata appropriatezza di destinazione nei reparti, dimostrata dalla percentuale di DRG medici ricoverati in chirurgia, che raggiunge una media nazionale del 28%, con punte in regione Calabria del 36% e in Sicilia del 35%, mentre non dovrebbe superare il 20%. Sospensione dei ricoveri in elezione. La gestione del sovraffollamento dei PS prevede la riduzione dei ricoveri programmati a favore dei ricoveri urgenti, fino alla loro completa sospensione. Il provvedimento penalizza soprattutto gli interventi chirurgici in elezione, data l’ occupazione dei letti dei reparti chirurgici per gli “appoggi” della medicina e contribuisce ad allungarne le liste d’attesa. In questo senso può essere cruciale la figura del Bed Management, che dovrebbe gestire il sovraffollamento bilanciando la disponibilità dei letti per i ricoveri programmati con quelli urgenti. La funzione di Bed Management è ben poco diffusa, in modo particolare sembra quasi sconosciuta nel Sud Italia. L’ attività programmata ospedaliera è certamente più remunerativa di quella urgente, prova ne è che le cliniche private forniscono solo attività in elezione. Considerando invece le strutture pubbliche e private accreditate, nel 2014 i ricoveri d’elezione sul territorio nazionale sono stati 2.731.000, a fronte di 3.638.000 ricoveri urgenti, ovvero circa il 56% del totale mentre nel 2010 ammontavano a poco meno del 54%. La mancata programmazione del numero e della destinazione dei posti letto, che comporta la sospensione dell’attività in elezione, si riflette sull’allungamento delle liste d’ attesa: 21.5 giorni l’attesa dell’ intervento per Ca colon-retto (contro i 20.5 del 2010), 68 giorni per ernia inguinale (contro i 56 del 2010) e 91,6 per tonsillectomia (76 giorni nel 2010). Nel 2013 il S.S.N. disponeva di 224.576 posti letto per acuti e lungodegenza, ben 71.233 letti in meno rispetto alla dotazione posti letto del 2000. Nel biennio 2013-2014 si è confermato il trend in discesa, con una ulteriore perdita di 4150 PL. Se rapportati alla popolazione, i PL totali per 1000 abitanti sono passati dal 6,1 del 1996 al 3,8 del 2013. Sicuramente il taglio dei posti letto si è reso necessario per adeguarsi al D.L. 95 del 06/07/2012 (art. 15, comma 13, lettera c) che prevede 3,7 PL per 1.000 abitanti, di cui 0,7 per non acuti, standard successivamente confermati dal patto della salute 2014-2016. Non è peregrino ricordare che siamo ormai tra gli ultimi in Europa per PL in rapporto al numero di abitanti : secondo i dati OECD riferiti al 2014, l’Italia con 3,3 PL per acuti ogni 1000 abitanti è ben al di sotto della media dell’Europa (5,2‰) e distantissima dall’8,2‰ della Germania, dal 7,6‰ dell’Austria e dal 6,2‰ della Francia. Ma il taglio dei posti letto, senza una adeguata ristrutturazione della rete territoriale, con il progressivo aumento in PS della popolazione anziana e con necessità sanitarie complesse, causa il cosiddetto “effetto imbuto”, ovvero la difficoltà a ricoverare per ritardi nelle dimissioni dai reparti. Sul totale dei pazienti che rivolgono al PS, il 20% ha un problema assistenziale/sociale prevalente. Negli anni sono poi aumentati gli accessi in PS dei pazienti più complessi, quindi con prevedibile necessità di ricovero: i pazienti over 80 nel 2005 erano l’8% del totale, il 10% nel 2010 e il 12 % nel 2015. Si calcola che ogni anni si siano rivolti al PS 100.000 pazienti ultraottantenni in più rispetto all’ anno precedente, con un incremento dal 2005 al 2015 di circa il 60%. Nel 2014 il 28% dei ricoverati aveva oltre 75 anni di età e per loro la degenza media sale, dal valore nazionale di 6,7-6,8 giorni, a 9 giorni. Le stime Istat prevedono un ulteriore aumento nel tempo della popolazione over 85 anni, che passerebbe da 1.3 milioni del 2007 a 4.8 nel 2050. La problematica più frequente per l’accesso in PS è il trauma ma le cause più frequenti di ricovero sono le malattie del sistema circolatorio (14%) e i tumori (10,6%). Se poi consideriamo le diagnosi di dimissioni dei pazienti, quindi di coloro che dal PS sono stati ricoverati, la somma dei DRG medici (apparato respiratorio, cardiocircolatorio, digerente, malattie renali, infettive, metaboliche, neurologiche e del sangue) raggiunge il 58,6% del totale. I tagli degli ultimi anni sono stati non puntuali ma lineari, quindi possiamo considerare nell’ area medica, dal 2000 al 2013, una riduzione del 24% dei posti letto, parallelamente alla loro aumentata necessità se si ricoverano sempre più pazienti anziani, polipatologici, con problemi assistenziali e diagnosi internistiche. Che siano i pazienti con problematiche internistiche quelli che più di tutti attendono, spesso in barella, il ricovero è anche dimostrato dai tassi di occupazione posto letto. In Italia nel 2013 i posti letto totali delle strutture pubbliche ed accreditate utilizzati per l’ attività di ricovero erano 219.804, per un totale di giornate di degenza di 64.312.000, corrispondente ad un tasso occupazione posto letto del 80.5% contro il 77.1% del 2004. In Italia annualmente a 2.640.000 pazienti viene in triage assegnato il codice bianco. In alcune realtà, particolarmente nei DEA di II livello, è presente un ambulatorio dei codici bianchi, gestito dai medici di famiglia (medico di fast track). Questo tipo di collaborazione tra ospedale e territorio ha dimostrato di funzionare soprattutto nei PS con molti accessi. Oltre a ridurre il carico di lavoro dei medici di PS, si è registrato una minore prescrizione di esami diagnostico-strumentali e di consulenze, perché viene riprodotta nei PS l’attività eseguibile dai MMG negli studi sul territorio. I tempi d’attesa sono diminuiti significativamente, fino al 50% nelle realtà con frequente sovraffollamento. Altro aspetto positivo è quello della riduzione del rischio per i pazienti gravi e medio-gravi conseguente al maggiore tempo a disposizione dei medici del DEA (rischio che si riduce quando il personale per il DEA è adeguato, grazie ai MMG o ai medici d’urgenza). Va tuttavia considerato che il codice di triage definisce una priorità clinica e con l’ambulatorio per i codici bianchi si potrebbero realizzare situazioni in cui i pazienti a bassa gravità clinica, avendo un percorso parallelo, vengano visitati prima di altri con quadri più urgenti. Inoltre laddove i MMG posso prescrivere esami, si potrebbe indurre un aumento paradosso della domanda, quindi favorire anziché ridurre l’affollamento nei DEA e la prescrizione di esami e consulenze. I vantaggi economici infine sono dubbi, considerando il costo aggiuntivo necessario per l’attività dei medici di fast track. Dal 2009 al 2014 il numero dei medici dipendenti a tempo indeterminato si è ridotto di 7.000 unità. La contrazione degli organici causata dal blocco del turn over ed i ricoveri sempre più complessi, hanno aumentato notevolmente il carico di lavoro per singolo medico ed in alcuni casi hanno reso impossibile il rispetto dei riposi come previsto dalla normativa europea sugli orari di lavoro. Inoltre il lavoro di PS, caratterizzato da particolare stress psico-fisico e da numerosi turni lavorativi disagevoli (notti e week-end) è particolarmente gravoso per i medici oltre i 50 anni, piuttosto numerosi data l’eta media dei medici dipendenti, che ha raggiunto nel 2016 i 54 anni. Un adeguamento degli organici, sia in PS che nei reparti, è dunque indispensabile, oltre che per avere professionisti meno stanchi e a rischio burn-out, per ottenere ricoveri più appropriati, minor rischio di errori e una maggiore efficienza nell’ utilizzo dei posti letto. Questo, e l’aumento dei posti letto ordinari soprattutto per le specialità mediche, sono le soluzioni urgenti da adottare se si vuole seriamente affrontare il problema dell’affollamento dei PS che, ormai, percorre la sanità italiana come un fiume carsico destinato ad emergere impetuoso in occasione di fenomeni contingenti ma largamente prevedibili, come l’ondata di calore, tra qualche mese o la diffusione virale nella stagione invernale. Comunque sia, siamo di fronte ad elementi strutturali che mal si prestano ad essere governati con provvedimenti tampone. Tantomeno con meravigliate quanto ipocrite lacrime di coccodrillo.

 

Autore

Nuccio Sciacca

Direttore responsabile


Email: nucciosciacca@cataniamedica.it

Your email address will not be published. Required fields are marked *