Un articolo di Dario Zappalà per fare chiarezza
Con decreto del 26.2.2010, pubblicato su GURI 65/2010, il Ministero della
Salute, di concerto con i Ministeri delle politiche sociali e del lavoro, dell’economia e
delle finanze, ha disposto il collegamento in rete di tutti i medici di medicina generale
per la trasmissione telematica all’INPS delle certificazioni di malattia per i lavoratori
del settore privato; successivamente, con circolare n°1 del 19.03.2010, i Dipartimenti
della funzione pubblica e della digitalizzazione della pubblica amministrazione hanno
esteso l’obbligo anche per i lavoratori del settore pubblico.
Il dispositivo citato entrò in vigore il 3 Aprile 2010 con svariati effetti su tutte
le figure interessate dal processo di informatizzazione, in particolare sul MMG ai
quali si rivolse, tra l’altro, la stessa INPS con circolare n°60 del 16.04.2010 inviando
le istruzioni operative e organizzative che sono tutt’ora in vigora.
Gli obblighi previsti per il MMG si riassumono nell’inserimento dei seguenti
dati riguardanti la certificazione telematica di malattia:
codice fiscale del lavoratore;
residenza o domicilio abituale;
eventuale domicilio di reperibilità durante la malattia;
codice di diagnosi, mediante l’utilizzo del codice nosologico ICD9-CM, che
sostituisce o si aggiunge alle note di diagnosi;
data di dichiarato inizio malattia, data di rilascio del certificato, data di
presunta fine malattia nonché, nei casi di accertamento successivo al primo,
di prosecuzione o ricaduta della malattia;
modalità ambulatoriale o domiciliare della visita eseguita.
Con successivi decreti di legge (14 settembre 2015, n. 151 e Ministro del
lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro della salute 11 gennaio
2016), sono stati introdotti specifici esoneri dall’obbligo di reperibilità da parte del
lavoratore su specifica indicazione del medico certificatore. Trattasi di malattia
connessa a gravi patologie che richiedono documentata terapia salvavita e di stati
patologici correlati a invalidità riconosciuta superiore ai 2/3 (>67%)
indipendentemente che sia riconosciuta da commissione medica INPS, da INAIL o da
commissioni di pensionistica privilegiata (malattia professionale).
Quanto alla “terapia salvavita”, una specifica circolare dell’ufficio medicolegale
dell’INPS tiene a precisare come essa non debba essere confusa con “terapia
vitale” in quanto cronica: la prima viene considerata terapia “emendativa” la seconda
“preventiva”.
Alcuni esempi di esonero da indicare nella certificazione di malattia – citati
dalla stessa fonte INPS – sono la malattia neoplastica in trattamento chemioterapico o
radioterapico, gli scompensi acuti dismetabolici, trapianti d’organo vitale, patologie
acute sistemiche (pancreatite, encefalite, meningite…), trattamenti interferonici o
trasfusionali, epatocirrosi scompensata, patologie respiratorie severe, insufficienza
renale acuta, gravi aritmie cardiache e infarto acuto, gravi infezioni sistemiche fra cui
AIDS conclamato.
Tutto ciò esposto, va sempre ricordato come per tutte le certificazioni di
malattia valga il principio sancito all’articolo 7 del DPCM del 26 marzo 2008
secondo il quale per “certificato di malattia” s’intende: attestazione scritta di un fatto
di natura tecnica destinata a provare la verità di fatti direttamente rilevabili dal
medico curante nell’esercizio della professione, che attesti l’incapacità temporanea al
lavoro, con l’indicazione della diagnosi e della prognosi, di cui all’articolo 2, comma
1, decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito con modificazioni dalla legge
29 febbraio 1980, n.33.
Inoltre, la giurisprudenza consolidata della Corte di legittimità penale afferma
che risponde di falso ideologico il medico che attesti una malattia senza aver
compiuto la visita, anche se di essa non abbia fatto esplicita menzione nel certificato
(Corte di Cassazione V sezione penale 29 Gennaio 2008, n. 4451).
Infine, è opportuno ricordare come l’obbligo della certificazione telematica
ricada anche sul medico di struttura sanitaria, pubblica o privata, che abbia formulato
diagnosi e prognosi. Tuttavia, viene sempre addotta la giustificazione del mancato
possesso delle credenziali per l’invio del certificato all’INPS, nel qual caso il
lavoratore ha l’obbligo di produrre il cartaceo opportunamente rilasciato e farlo
pervenire all’Ente secondo le previste modalità (recarvisi di persona, inviare
raccomandata o, come più spesso accade, rivolgersi al proprio medico curante!).
Tuttavia, l’INPS afferma che ogni medico che emette una prognosi è tenuto
all’invio telematico del certificato di malattia; il medico del Servizio sanitario
nazionale o con esso convenzionato ha ricevuto le necessarie credenziali mentre gli
altri medici possono comunque accreditarsi rapportandosi ai rispettivi OdM.
I certificati di malattia possono essere trasmessi entro 24 ore dalla visita
medica e l’eventuale rientro anticipato, se il medico lo approva sulla base
dell’obiettività clinica, va comunicato telematicamente all’INPS entro la data di
prognosi.
Si ricorda che è esentato dalla trasmissione online del certificato il personale
appartenente alle Forze Armate, ai Corpi armati dello Stato e al Corpo nazionale dei
vigili del fuoco.