Utilizzo dei nutraceutici nella litiasi renale

Utilizzo dei nutraceutici nella litiasi renale

27 Maggio 2016 di: Marcello Scifo

Con il termine di Calcolosi urinaria o Urolitiasi si intende la presenza di queste formazioni cristalline prodotte dalla precipitazione e aggregazione di soluti normalmente presenti nelle urine che, in particolari condizioni di sovrasaturazione, possono appunto precipitare e cristallizzarsi.

In Italia tale patologia interessa circa il 10% della popolazione, è più frequente nell’uomo rispetto la donna con un rapporto di 5:1, avviene più spesso tra i 40-50 anni di età.

I calcoli renali sono accumuli anormali di sali minerali che si formano nei reni ma che possono depositarsi in qualsiasi punto del tratto urinario. Possono essere piccoli come sabbia o ghiaia o arrivare anche a notevoli dimensioni. I calcoli sono composti principalmente di fosfato o di ossalato di calcio. Si formano più rapidamente nell’urina che è alcalina invece che acida.

La composizione chimica dei calcoli dipende dallo squilibrio chimico nell’urina. I quattro tipi più comuni di calcoli contengono calcio, acido urico, struvite e cistina.

I calcoli contenenti calcio costituiscono l’85% di tutti i calcoli renali; sono costituiti da calcio legato chimicamente all’ossalato (più frequente) o al fosfato. I calcoli di acido urico hanno invece una frequenza del 10%. I calcoli di “struvite”, denominati calcoli infetti, sono più frequenti nelle donne , più esposte alle flogosi dell’apparato urinario. I calcoli formati dall’Aminoacido cistina, non solubile nell’urina, si osservano nei soggetti affetti da una particolare malattia genetica.

La sintomatologia della litiasi renale è caratterizzata da algie in sede lombare con irradiazione verso le fosse iliache (coliche), accompagnate da pollachiuria e da minzione dolorosa. L’irritazione dovuta al calcolo può provocare infezioni alle vie urinarie causando febbre, brividi e malessere generalizzato.

La formazione di calcoli può essere dovuta ad iperattività della ghiandola paratiroide, che causa un livello elevato di calcio nel sangue.

La  diagnosi di tale malattia si avvale di un’accurata anamnesi ed esame obbiettivo, integrate da un’indagine ecografica e/o una RDX diretta addome. Altri fattori che aumentano il rischio di formazione di calcoli sono la disidratazione, i periodi di riposo a letto prolungati e le infezioni. I calcoli possono anche essere causati da una carenza di sostanze nutritive. La carenza di magnesio porta ad un aumento dell’alcalinità delle urine che favorisce la formazione di calcoli di fosfato di calcio.

La carenza di vitamina B6 aumenta in misura notevole la quantità di acido ossalico contenuta nelle urine e favorisce anche l’aumento dell’alcalinità provocando la formazione di calcoli di ossalato. Solo il 2% dell’acido ossalico assunto con la dieta viene assorbito e in seguito eliminato. La maggior parte di questa sostanza viene fabbricata all’interno del corpo a partire da un aminoacido utilizzato male, la glicina. La causa di questa cattiva utilizzazione è una carenza di vitamina B6.

I fattori che determinano le perdite organiche di calcio (che quando non viene mantenuto in soluzione si trasforma in calcoli) sono la carenza di vitamina D, necessaria per l’assorbimento del calcio, lo stress che estrae i minerali dalle ossa favorendo l’escrezione del calcio, e una dieta a basso contenuto di proteine, necessarie per la produzione dell’albumina essenziale per la ritenzione di calcio. L’assunzione quotidiana di sodio  non deve superare i 2500 mg. La dose quotidiana di proteine va dai 65 ai 70 g mentre quella di calcio non deve essere inferiore ai 650-800 mg al giorno. L’uso eccessivo di alcuni antiacidi può causare calcoli renali. Una dieta che contiene quantità insufficienti di potassio (frequente nelle diete ad alto contenuto dicarboidrati), troppo sale e poca frutta e verdure, rende le urine troppo alcaline, impedendo ai minerali di restare in soluzione con il conseguente deposito in forma di calcoli. Una terapia specifica e mirata per tale patologia deve:

  • Prevenire la formazione di nuovi calcoli
  • Prevenire la crescita del calcolo
  • Conservare la funzionalita’ renale
  • Controllare l’infezione
  • Controllare e correggere i disordini metabolici.

Diversi estratti vegetali svolgono un’importante azione preventiva e curativa nella litiasi renale. L’associazione di questi principi sotto forma di fitocomplesso può efficacemente essere utilizzata in associazione o in alternativa alla terapia medica tradizionale.

La Verga d’Oro o Solidago è un ottimo diuretico “volumetrico”, “azoturico” e “uricosurico”, agisce aumentando non solo il volume dell’urina ma anche l’eliminazione di azoto e di acidi urici, i cataboliti più importanti da eliminare e per lo più derivanti dal metabolismo delle proteine. Contemporaneamente la pianta esplica una interessante azione antinfiammatoria ed anche spasmolitica e blandamente antisettica; inoltre la sua azione terapeutica è priva di “side effects”

Il mirtillo di palude (mirtillo rosso americano cranberry) o più precisamente il vaccinium macrocarpon è un piccolo arbusto di origine nordamericana con caratteristiche botaniche molto simili al mirtillo italiano. Il succo dei frutti rossi di questa pianta, dal sapore aspro e acidulo, è ricco in protoantocianidine, flavonoidi, antocianosidi, acido benzoico, malico, chinico e ippurico e viene impiegato nell’integrazione nutrizionale volta a ridurre le recidive delle infezioni urinarie batteriche.

Tali infezioni affliggono soprattutto l’universo femminile: circa un terzo delle donne ha avuto almeno un’infezione urinaria nel corso della vita e il 20% di loro ha manifestato anche un secondo episodio.

Le cause di recidiva sono molteplici: nelle “teen-agers” sono riconducibili, solitamente all’attività sessuale; negli uomini le recidive sono quasi sempre dovute a prostatite batterica cronica. Il succo di mirtillo è in grado di abbassare il pH urinario, lo rende cioè più acido e quindi rende più difficoltoso l’attecchimento batterico, in ragione del suo contenuto in vitamina C e della sua capacità di metabolizzare l’acido benzoico in acido ippurico dalle proprietà antibatteriche. Il succo di mirtillo, inoltre, contiene protoantocianidine, capaci di inibire l’adesione soprattutto di Escherichia Coli, l’agente microbico più spesso responsabile delle infezioni urinarie, esplica quindi un’azione antiaderente e dunque l’integrazione nutrizionale con cranberry può aiutare a contrastare la colonizzazione dell’intestino e della vescica da parte dei patogeni.

L’Uva ursina è una pianta tradizionalmente impiegata nel trattamento delle infezioni delle vie urinarie. Il principio attivo è l’arbutina, idrolizzata a livello intestinale, tramite enzimi, con immediata liberazione di idrochinone che viene eliminato dalle vie urinarie dopo glucuro e sulfoconiugazione. Questa pianta può essere considerata un antisettico urinario assai attivo da utilizzare ogniqualvolta vi sia una flogosi  a livello delle vie urinarie, poiche’ determina un’azione antisettica, riducendo lo stimolo continuo della minzione(pollachiuria) e il dolore (disuria).

Il Ceterach Officinarum, detta “Spaccapietre” è una piccola felce alta 10-15 cm con un rizoma molto corto da cui nascono numerose fronde, di color  ruggine (ERBA RUGGINE), particolarmente diffusa in tutta Italia. Ha un’importante azione diuretica e drenante.

L’Ortosiphon è una pianta esotica, proveniente sud-est asiatico e dall’isola di Giava, dalla quale prende anche il nome di Tè di Giava. Assai diffuso sin dai tempi più antichi in Indonesia ed in India per i problemi dell’apparato renale e della vescica, in Europa se ne conosce l’uso soltanto dalla fine dello scorso secolo. Per la sua azione acquaretica l’Ortosiphon è risultato utile anche nelle malattie renali ed in particolare nelle infezioni delle vie urinarie di natura batterica e nella cura della sabbia renale. Ha anche un’ importante azione coleretica depurativa di tutto l’organismo. Svolge anche un’azione ipocolesterolomizzante dovuta ad un aumento della captazione epatica del colesterolo ed a un potenziamento del suo catabolismo periferico. E’ riferito un notevole potere batteriostatico e virostatico legato alla presenza dei derivati dell’ac. rosmarinico, utile nel trattamento delle infezioni urinarie. L’Ortosiphon ha una ottima tollerabilità e non presenta alcuna tossicità alle dosi terapeutiche e nessun effetto collaterale.

Il Phillanthus niruri è un’erba piccola, eretta, annuale che sviluppa 30–40 centimetri di altezza. È una pianta indigena della foresta pluviale Amazzonica e di altre zone tropicali del mondo intero, compreso le Bahamas, l’India del sud e la Cina.

Nel 1990, il Dott. Wolfram Wiemann (Nuremburg, Germania) ha trattato oltre 100 pazienti con calcoli renali con del phillantus niruri proveniente dal Perù, in un tempo variabile da una a due settimane è riuscito nell’eliminazione dei calcoli nel 94% dei casi.

Nel 1995 ricercatori indiani hanno trattato soggetti umani con l’estratto in capsule di phillantus niruri per l’ipertensione arteriosa, con riduzione significativa della pressione sistolica, un aumento significativo della diuresi e dell’escrezione del sodio.

Le piante sopra descritte svolgono tutte un ruolo determinante nella prevenzione e cura delle patologie a carico dell’apparato urinario, sia di natura litiasica che flogistica; il loro utilizzo ci fornisce un’arma sicura e priva di effetti collaterali, da usare in alternativa alle terapie farmacologiche tradizionali.

Autore

Marcello Scifo

MMG ASP 3 – Catania Specialista in ginecologia ed ostetricia


Email: scifo@cataniamedica.it