Un articolo dell’infettivologo Pietro Di Gregorio (nella foto)
Il termine Chikungunya suscita, superate le difficoltà di pronuncia, curiosità etimologica subito risolta in quanto significa “ciò che si contorce”, espressione usata nella lingua locale makonde nel corso di una epidemia verificatasi in Tanzania nel 1952. Non è una malattia grave in quano si manifesta con le caratteristiche di una sindrome influenzale con andamento clinico favorevole, nella maggior parte dei casi, in pochi giorni. La non coincidenza col periodo della classica influenza stagionale consente, peraltro, di diagnosticare rapidamente i casi, di attuare rapidamente le misure di prevenzione e di non intasare i Pronto soccorso e gli Ospedali come avvenuto in passato per altri eventi epidemici. Anche l’allarme mediatico, dopo la segnala zione dei primi casi (dal 6-7 settembre) si va attenuando e non occupa ormai le prime pagine dei quotidiani e dei canali televisivi. Purtroppo tra le misure attivate, la più penalizzante è quella della sospensione delle donazioni di sangue nelle zone a rischio con gravi problemi per le esigenze trasfusionali. Vi sono, però, dei precedenti di questa epidemia. Infatti per la prima volta in Europa, e proprio in Italia, è comparsa nel mese di agosto 2007 nel Ravennate ed ha coinvolto197 casi. In quell’occasione il caso indice sembra sia stato individuato in uno straniero, non residente a Castiglione di Ravenna, proveniente da una delle aree colpite del subcontinente indiano. E’ stato allora possibile confermare che Aedes albopictus in Europa può fungere da vettore di virus Chikungunya. Trattasi di malattia trasmessa da vettori e si ripropone, come per altre patologie, il problema delle zanzare. La trasmissione avviene tramite due zanzare “cugine” dal nome simile. L’Aedes aegypti, lo stesso insetto vettore della febbre gialla, e l’Aedes albopictus, la ben più nota zanzara tigre. Delle due la seconda è presente ampiamente nel nostro Paese ormai dagli anni ’90”. La specie Aedes albopictus colonizza e depone le uova in piccole raccolte di acqua stagnante che possono essere presenti anche all’interno di orti e giardini privati. Alcuni esempi di focolai di sviluppo larvale: sottovasi delle piante; secchi e piccoli recipienti, bidoni di raccolta delle acque presenti negli orti e cantieri; pneumatici usati presenti in cascine, cortili, abbandonati o stoccati all’aperto nei quali possa raccogliersi dell’acqua al loro interno, grondaie otturate. Queste peculiarità dell’habitat spiegano l’abbondanza di Aedes albopictus in aree rurali e peri-urbane. La zanzara tigre non si sposta in genere più di poche centinaia di metri dal focolaio larvale ma è in grado di effettuare più ampi spostamenti in favore di vento e col trasporto passivo, entrando accidentalmente nelle automobili, camion, treni, navi, aerei. Aedes aegypti è più strettamente associata con le abitazioni umane ed è solita riprodursi all’interno delle case, ad esempio nei vasi da fiori, nei serbatoi di stoccaggio dell’acqua e nei serbatoi di cemento nei bagni, ma può utilizzare anche lo stesso habitat artificiale esterno utilizzato da Aedes albopictus. Sono in causa le zanzare femmine infette delle due specie del genere Aedes. Esse pungono principalmente nelle ore diurne, soprattutto al mattino presto e nel tardo pomeriggio. Entrambe le specie pungono all’aperto, ma Aedes aegypti in particolare punge anche all’interno delle abitazioni. Un cenno alla malattia: malattia infettiva tipica delle zone tropicali; è prevalentemente presente in Paesi endemici esotici, in Africa, Asia e anche in America Latina dal 2013, specie nell’area caraibica. Trasmessa da vettori, è causata da un virus a RNA della famiglia dei Togavirus. Dopo un periodo di incubazione (3-12 giorni) compaiono febbre elevata, brividi, cefalea, nausea e vomito, ma soprattutto importanti dolori articolari tali da limitare i movimenti. E’ comune, successivamente, la comparsa di esantema maculo-papuloso o petecchiale a volte pruriginoso. Solitamente la risoluzione avviene nel periodo di dieci giorni, mentre, in alcuni casi possono persistere per lungo tempo i dolori articolari. Sono descritte rare complicanze emorragiche (senza importanti sanguinamenti) e neurologiche soprattutto nei bambini (convulsioni). La replicazione virale nel sangue del paziente persiste per 5-6 giorni dall’inizio dei sintomi permettendo la possibile infezione del vettore. Non vi è terapia specifica; non esiste un vaccino. Si cura con le terapie sintomatiche utilizzate per l’influenza; è sconsigliata l’aspirina, ma anche i FANS e il cortisone; la febbre può essere controllata col paracetamolo. La diagnosi, sospettata con il quadro clinico e gli esami di laboratorio preliminari (leucopenia con linfocitosi, incremento della PCR e della VES), viene convalidata tramite le tecniche di biologia molecolare e tramite sierologia (IgM e IgG). Il ricovero in Ospedale è necessario in pochi casi, ma per la maggior parte sono gestibili ambulatorialmente. Quale è la situazione attuale e quali le prospettive? Aumenta di giorno in giorno, nel Lazio, il numero dei contagiati dal virus Chikungunya. Sono 64 i casi accertati dal SERESMI (Servizio Regionale di Sorveglianza Malattie Infettive) ad oggi. Di questi 54 sono i casi che hanno residenza ad Anzio o che hanno soggiornato nei 15 giorni precedenti ad Anzio, 7 casi a Roma e 3 a Latina. Dopo il Lazio, l’Emilia Romagna e la Lombardia, il virus Chikungunya è arrivato anche nelle Marche. La crescente diffusione del virus però ha messo in allerta anche l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), che non esclude che nei prossimi giorni possano verificarsi ulteriori casi nel nostro Paese. La zanzara tigre, infatti, è ormai stanziale nel bacino del Mediterraneo e ha dimostrato la capacità di sostenere focolai di Chikungunya in passato. La situazione del Lazio ha comportato lo stop alle donazioni per i residenti nel bacino della Asl Roma 2 e ha fatto parlare di “maxiemergenza” il Centro Nazionale Sangue. In atto si ritiene che le segnalazioni aumenteranno sia per i nuovi casi che per la verifica retrospettiva di quelli non diagnosticati precedentemente. Sarà la disinfestazione mirata ed estesa tramite i servizi di igiene con l’uccisione di larve e zanzare adulte ad abbattere la possibilità di nuovi contagi di Chikungunya ma un aiuto lo si attende anche dall’arrivo delle temperature più fredde. In queste condizioni si spera di contenere l’epidemia nel breve periodo di alcune settimane. Anche a livello individuale invece si può fare qualcosa: infatti eliminando l’acqua stagnante, dove sono deposte le uova, dei contenitori intorno a casa due volte a settimana si possono ridurre le popolazioni di zanzare. Inoltre ci si dovrebbe proteggere dalle punture di zanzara, evitandone il contatto con l’uso di abbigliamento corretto (braccia e gambe coperte) uso di zanzariere e repellenti base di DEET, IR3535 or icaridina (picaridina).