Il risultato è che negli ospedali di tutta Italia ogni sabato e ogni domenica arrivano al pronto soccorso minori in coma etilico o per intossicazione alcolica acuta, magari con i genitori che giustificano i giovani, “classificando il loro comportamento come una semplice ragazzata”.Questa abitudine viene stigmatizzata da Luca Bernardo, primario di pediatria all’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, perché radica nel minore la convinzione che l’alcol sia qualcosa non solo di non dannoso, ma persino di positivo, da collegare a un momento di euforia. Tra gli adolescenti non mancano neanche gli etilisti, in genere quindicenni, che hanno un consumo di alcol patologico e vengono seguiti dai servizi sanitari, pubblici e privati, presenti sul territorio. Le ultime, pericolose mode sono note: fare a gara a chi beve di più (binge drinking) o consumare alcol come sostitutivo del pasto, con la convinzione che faccia dimagrire, sviluppando così gravi disturbi alimentari, come drunkoressia (si beve a digiuno per potenziare gli effetti dell’alcol e poi ci si provoca il vomito per espellere tutto e poi si ricomincia), anoressia o bulimia. Attenzione però: “bere toglie i freni inibitori: i ragazzi bevono per essere meno timidi, più gradevoli, divertenti, più accettati – spiega l’esperto. Poco importa come ci si sentirà il giorno dopo», spiega il primario. In fondo, si tratta sempre di questo: del bisogno, insito in ognuno di noi, di sentirsi amati, accettati dagli altri”.